Articolo tratto da Riza Scienze n.129 dicembre 1998

Dall’essenza della musica ai principi della musicoterapia

Cercando il suono

Ho sperimentato, in questi anni da musicista, come sia difficile ascoltare.
Già perché un conto è sentire un suono, essere colpiti dalle onde di energia che mettono in risonanza tutto il mio sistema muscolare-osseo-nervoso, e un altro è ascoltare, ricevere, prestare attenzione all’onda sonora che mi attraversa e modifica integralmente.

E se già è difficile ascoltare altri musicisti, ancora di più è ascoltare se stessi mentre si suona per comprendere (com-prehendo ) se l’intensità, il timbro, cioè il tocco, di un suono è in armonia con ciò che accade.

Nei momenti in cui non do per scontato che sto ascoltando, scopro le cose più interessanti sul suono e su come suonare in un modo più vivo, più intimo, scevro da false vanità, da timori di giudizio da parte degli altri.

Lascio che le tensioni muscolari che mi abitano normalmente si sciolgano a contatto dell’onda sonora che via via mi penetra sempre più in profondità. Mano a mano non è solo la pelle ad essere coinvolta, ma tutto me stesso fin nel profondo; altre tensioni quasi sconosciute si scoprono e lasciano il posto a ciò che la musica sta portando. Il suono dello strumento si diffonde ed io stesso posso essere toccato dal suono non solo nel corpo ma “in tutto il mio essere”.

Le mani sanno come muoversi, il respiro si fa più profondo e si sincronizza “metronomicamente” fondendosi con il ritmo della musica e dell’ambiente circostante. Gli occhi possono guardare chi ho di fronte attenti ai mutamenti che avvengono in quell’essere. Mutamenti che possono manifestarsi con uno sguardo che si dirige altrove o che cambia la sua luce, o con una mano che ad un tratto si apre, si distende e si appoggia su di se quasi accarezzandosi.

Così si trasforma la relazione, con il suono come mezzo e due esseri come protagonisti
Trovando naturalmente il mio posto di musicista permetto all ‘altro di instaurare un nuovo rapporto; adesso posso lavorare.
Le mie conoscenze, ciò che ho studiato, l ‘esperienze raccolte ora mi aiutano nel saper cosa proporre a chi ho dinanzi a me.
La sfida è trovare la mia attenzione, quella capacità d’ascolto che mi consente di guardare e di imparare da chi è di fronte a me
Non so mai quando ciò avverrà.
Cerco.


Pedagogia

Una delle maggiori difficoltà che si incontrano nella professione del musicoterateuta o del pedagogo è il contatto con il mondo della persona con cui si entra in relazione bambino o adulto, con handicap o no.

Per intendere la vita intellettuale, affettiva e motoria che l’altro sta affrontando è necessario in primo luogo spogliarsi dei propri riferimenti culturali, lasciare da parte i pensieri e le emozioni su ciò che si ritiene giusto o sbagliato, dimenticare per un momento quelle che piace o dispiace per affrontare un modo di vivere diverso dal nostro semplicemente con umanità.

Accogliere umanamente è la possibilità di non giudicare i gesti e le reazioni di un’altra persona ma di avvicinarsi per vedere e comprendere le difficoltà che si presentano nella relazione. E il suono è relazione , lo strumento della relazione con le altre persone. Il suono tocca il corpo di un’ altra persona , lo fa vibrare e nella vibrazione pone in movimento (come in movimento sono le corde degli strumenti musicali ) i sentimenti e i pensieri di chi “ascolta”.

La scelta del ritmo, del timbro, delle armonie che si utilizza improvvisando è dettata dalla direzione che si vuole dare alla lezione. Per dare una direzione è però necessario sapere di cosa c’è bisogno in quel momento specifico e questa non è una certezza ma una domanda da porsi in qualsiasi momento soprattutto quando si è più in difficoltà. Ascoltare cosa richiede la lezione e scoprire come ottenerlo è la domanda.

La scelta di un gioco o di un argomento da trattare ha significato sempre su più piani contemporaneamente. Evidenziamone solo due: uno è quello umano di crescita interiore, umana e sociale del bambino che coinvolge le sue capacità di attenzione, di risoluzione dei problemi non sempre misurabile in modo quantitativo, ma che proprio per questo richiede lo sforzo maggiore da parte del terapeuta o del pedagogo; il secondo è più specificamente musicale. Seguendo il percorso che l ’ uomo ha compiuto, ad esempio, nello sviluppare la scrittura musicale possiamo scoprine le tappe e le difficoltà che una elaborazione così complessa ha richiesto. Le stesse difficoltà si incontrano apprendendo questo linguaggio e quindi per insegnarlo è necessario conoscere a fondo le parti della persona che un apprendimento di questo tipo coinvolge e come aggirare le maggiori difficoltà. L’ordine ritmico del tempo in musica, ad esempio, richiede la strutturazione e l’organizzazione di qualcosa che non si può ne toccare né vedere: il tempo.

Occorre conseguire un ascolto che ci permetta di cogliere i processi che avvengono in noi; questo ascolto avviene nella consapevolezza dell’essere nel mondo, dell’essere nella relazione con gli altri. Ciò vale, in primo luogo, per il musicoterapeuta e per il pedagogo, affinché possa valere per le persone con le quali entrano in relazione.

Carlo Sinigaglia